Capitolo 3

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REGISTRO NOMINATIVO DELLE CAUSE DI MORTE

3.1 RACCOLTA DEI DATI
3.2 ACCESSIBILITA’
3.3 ATTENDIBILITA’, GRADO DI DETTAGLIO E DISTORSIONI
3.4 CONSISTENZA
3.5 COMPLETEZZA, LIVELLO DI AGGIORNAMENTO E TEMPESTIVITA’
3.6 CARICAMENTO DEI DATI
3.7 CODIFICA
3.8 VALIDAZIONE
3.9 UTILIZZO DEI DATI

3.1 RACCOLTA DEI DATI

Il “Registro Nominativo delle Cause di Morte” (RE.N.CA.M) o, brevemente, Registro di Mortalità (RM), è uno strumento di raccolta di dati, previsto dal D.P.R. n. 285/1990 “Approvazione del Regolamento di Polizia Mortuaria”.

In adempimento a quanto stabilito dalla suddetta norma:

  1. Il Registro di Mortalità viene costruito con la raccolta delle “schede di morte”, che vengono compilate in duplice copia (Figg.3.1 e 3.2):
    • dal medico certificatore (medico curante o necroscopo) relativamente ai dati sanitari, in particolare la “causa di morte” (Figg.3.1 e 3.2); 
    • dall’ufficiale di stato civile del comune dove è avvenuto il decesso, relativamente ai dati socio/anagrafici (Figg.3.1 e 3.2). 
  2. Vengono operate due raccolte parallele di dati, in quanto la prima copia (originale) della scheda viene inviata all’ISTAT, mentre la seconda (copia sovrascritta) viene inviata all’ASL di residenza. 
  3. Relativamente alla raccolta di pertinenza dell’ASL, nei casi in cui il decesso avvenga in un comune appartenente ad ASL differente da quella di residenza, si verifica una ulteriore “doppia registrazione” in quanto la scheda viene archiviata sia nel registro dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) dove è avvenuto il decesso, in osservanza al comma 8 (dell’art.1, DPR 285/90), sia nel registro dell’ASL di residenza del deceduto, in osservanza al comma 7 (Fig. 3.2). 

E’ importante segnalare che il modello di scheda di morte presentato in Fig.3.1 è valido fino all’anno 2010; dal 2011, l’ISTAT ha introdotto un nuovo modello, che presenta tra l’altro alcune semplificazioni, nella parte relativa ai dati sanitari.

Figura 3.1 - Modello di Scheda di morte ISTAT

Figura 3.2 - Flusso di compilazione e trasmissione Scheda di morte

 

Esistono dunque due “Registri di Mortalità”:

  1. il registro generale dell’ISTAT, che raccoglie le schede di morte di tutte le persone decedute nel territorio italiano. Agli effetti statistici ed epidemiologici, solo i dati derivati da questo registro hanno carattere di ufficialità, sia a livello nazionale che internazionale; 
  2. i Registri “aziendali”, che raccolgono le schede dei deceduti residenti nel territorio dell’ASL di riferimento. 

Inoltre, in alcune regioni esistono, di fatto, anche i Registri “regionali” (Fig.3.2), originati dalla confluenza dei dati di tutti i RM aziendali della regione. Tali registri non hanno un esplicito riconoscimento giuridico, dove non siano previsti da leggi regionali.

In concreto, la raccolta dei dati del RM dovrebbe essere caratterizzata da due fasi:

  1. fase “passiva”, con ricezione delle schede, inviate dagli uffici di stato civile, da parte dei due soggetti (ISTAT e Aziende Sanitarie Locali ) che lo gestiscono; 
  2. fase “attiva”, attuata di fatto solo dai RM locali, in cui avvengono la verifica della corrispondenza, come numero e come nominativi, tra le schede raccolte ed i decessi avvenuti, ed il recupero delle schede mancanti, contattando gli uffici comunali o le Aziende Sanitarie nel cui territorio è avvenuto il decesso. 

Un importante aspetto della fase attiva è quello della verifica dell’acquisizione di tutti i nominativi dei deceduti (informazione fornita indipendentemente dalla trasmissione delle schede di morte, da parte degli uffici comunali), in assenza della quale il RM non è in grado di sapere quanti e quali sono i deceduti e di conseguenza quali e quante sono le schede mancanti.

La gestione effettiva dei RM aziendali è tuttavia eterogenea in Italia, e va riconosciuto che soprattutto la fase attiva è in alcune realtà carente, se non addirittura assente.

L’eterogeneità si riscontra anche rispetto alla codifica della causa di morte, attività obbligatoria per il Registro Nazionale ISTAT, ma non espressamente richiesta ai Registri aziendali: infatti, in molti casi viene posta in atto la semplice raccolta delle schede di morte, poiché tale operazione soddisferebbe il dettato legislativo che impone ad “ogni unità sanitaria locale di istituire e tenere aggiornato un registro, contenente l’elenco dei deceduti e la relativa causa di morte” (art.1 comma 8 DPR285/90), in base ad una interpretazione estensiva secondo cui “Il registro dei deceduti previsto all’art.1 del D.P.R. 285/90 è costituito dai raccoglitori nei quali vengono custodite le copie e le fotocopie delle schede di morte Istat”. La raccolta delle schede è comunque frequentemente accompagnata dalla registrazione su supporti informatici di tutti o di una parte dei dati (in genere quelli anagrafici) riportati.

3.2 ACCESSIBILITA’

I Registri Tumori (RT) accedono ai dati dei RM aziendali o di quelli regionali, secondo modalità e limitazioni stabilite dalla cosiddetta “normativa sulla privacy” (L.675/96 e s.m.i.) la cui rigorosa applicazione rende talora difficoltoso il lavoro di indagine dell’operatore del RT.

Nella realtà concreta, le modalità di accesso ai dati dei RM aziendali e/o regionali da parte degli operatori dei RT, sono assai variabili così come il grado di dettaglio informativo raggiungibile. Vi sono realtà in cui l’accessibilità è totale, fino alla libera consultazione di ogni singola scheda di morte, come nei casi in cui la stessa Struttura o Servizio cura la gestione di entrambi i registri, ed altre in cui invece si accede a dati più sintetici ed essenziali (ad es., si dispone della causa di morte codificata ma non dell’originale indicazione testuale), perlopiù frutto di successive operazioni di filtro e di elaborazioni informatiche del contenuto delle schede. E’ utile che il RT sintetizzi il livello di accessibilità ai dati dei RM locali, mediante la tavola sinottica inclusa nella sezione sugli indicatori.

I dati nominativi individuali del registro di mortalità ISTAT sono accessibili soltanto ad alcuni specifici enti, fra i quali gli uffici del Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), in accordo alle particolari normative che regolano i rapporti fra ISTAT ed Amministrazioni Centrali.

3.3 ATTENDIBILITA’, GRADO DI DETTAGLIO E DISTORSIONI

Le schede di morte sono attendibili per quanto riguarda l’evento “decesso”, e la relativa data. Se il RT riceve un archivio elettronico, va tuttavia tenuto presente come le elaborazioni intervenute, in particolare in eventuali linkage anagrafici, possano produrre identificazioni errate, che però raramente sono sistematiche. Peraltro, negli archivi di mortalità la precisione dei dati identificativi anagrafici (nominativo, sesso, data e comune di nascita), quando vengono desunti direttamente dalla scheda, senza verifica contestuale mediante un anagrafe in linea, è spesso inferiore a quella riscontrabile in altri flussi.

Per quanto riguarda l’indicazione della causa di morte, nonché la menzione di neoplasie, occorre tenere presente che le finalità della compilazione e le circostanze in cui i medici certificatori si trovano talvolta ad operare, possono produrre delle distorsioni.

L’assenza di menzione di una neoplasia non consente di escluderne l’esistenza, anche se può legittimamente far ritenere che il decesso non sia ad essa imputabile, in quanto:

  1. sulla scheda di morte dovrebbero essere riportati soltanto i dati nosologici che riguardano l’evento mortale, quindi potrebbero legittimamente essere ignorate patologie considerate ininfluenti nella determinazione del decesso; 
  2. nel caso di eventi accidentali, imprevisti ed inattesi (ad esempio, incidenti stradali in località lontane dalla residenza del deceduto) il medico certificatore che registra il “fatto contingente” può non essere a conoscenza della eventuale pre-esistenza di patologie, che potrebbero anche avere interferito nello svolgimento dei fatti; 
  3. nel caso di decessi dovuti a particolari eventi patologici di natura infettiva o vascolare, viene spesso omessa la menzione della co-esistenza di altri stati morbosi (perché non conosciuta o ritenuta ininfluente nel determinismo del decesso o per scelta deliberata); 
  4. a volte il medico certificatore si limita ad indicare sinteticamente la condizione morbosa più rilevante, trascurando altri dati nosologici importanti nella storia clinica del deceduto. 

Viceversa, la menzione di una patologia neoplastica può risultare fuorviante circa l’effettiva “responsabilità” della stessa quale causa di morte, specialmente quando si considera la causa codificata.

Innanzitutto, quando in una scheda vengono indicate condizioni morbose generiche e si faccia contestualmente menzione di una forma tumorale “pregressa” (es. mastectomia o prostatectomia per neoplasia maligna, praticate a distanza di svariati decenni dal momento del decesso), quest’ultima, secondo i rigidi criteri di codifica, diventerà automaticamente la causa iniziale di morte.

Inoltre, i dati nosologici riportati rappresentano la sintesi dell’opinione che il medico certificatore si è fatta circa le cause e le modalità del decesso e, non di rado, sono supportati da mere “ipotesi diagnostiche”, specificate con locuzioni come “verosimile”, “sospetto”, ”presumibile”, “probabile”. In questi casi, le regole di codificazione impongono di considerare la patologia riportata come se fosse stata di fatto accertata; vi è quindi il rischio che l’ipotesi sia errata e che la causa di morte indicata non corrisponda a quella effettiva.

Sebbene, nell’utilizzo del flusso, si debba avere piena consapevolezza dei citati aspetti di inaffidabilità e incompletezza, la scheda di morte risulta comunque l’unico documento ufficialmente riconosciuto per determinare la causa del decesso di una persona, ed è esclusivamente sui dati nosologici in esso riportati che vengono calcolati i tassi di mortalità specifici per causa ufficiali. Perciò, si sconsiglia ai RT di operare correzioni dirette, non annullabili, alla causa di morte segnalata dalla scheda, anche se la si può “negare” in sede di registrazione; inoltre, non è opportuno svolgere confronti con tassi di mortalità di altre aree, usando dati di mortalità “corretti” dal RT, perché non sarebbe garantita la comparabilità.

3.4 CONSISTENZA

Premesso che il dato unitario di raccolta è “la scheda di morte”, contenente i dati socio-anagrafici e sanitari (limitatamente alle cause di morte) di ciascun deceduto (Fig.3.1), ovvero un “record” contenente tutte le suddette informazioni, il Registro Nazionale ISTAT raccoglie mediamente, per ogni anno, circa 500.000 - 600.000 schede/record, corrispondenti alla totalità dei deceduti sul territorio italiano, mentre i RM aziendali raccolgono un numero di schede/record che corrisponde, approssimativamente, all’1-1,5% della popolazione residente, pari alla somma di tutti i deceduti residenti più una piccola quota di non residenti; quindi la consistenza di un RM aziendale potrà variare da poche migliaia di schede ad alcune decine di migliaia (10-15.000 schede per ogni milione di abitanti) per anno. Le schede nelle quali viene menzionata l’esistenza di una patologia neoplastica, rappresentano dal 25 al 35% circa del totale delle schede.

3.5 COMPLETEZZA, LIVELLO DI AGGIORNAMENTO E TEMPESTIVITA’

La completezza dei RM aziendali, da cui in larga misura dipende quella degli eventuali RM regionali, è fortemente legata allo svolgimento della fase “attiva” della raccolta dati; se quest’ultima non viene svolta con sufficiente accuratezza, la proporzione di schede mancanti sarà significativa. La segnalazione di tale problema può provenire dall’indicatore di completezza generale del flusso, riportato nell’appendice A3.

Due limiti non superabili nella completezza dei RM aziendali e regionali, riguardano i decessi:

  • avvenuti all’estero; 
  •  dei casi che, dopo la diagnosi, emigrano e muoiono al di fuori dell’area coperta dal RM accessibile. 

In entrambe le situazioni, non disponendo della scheda, la causa di morte è difficilmente recuperabile dal RT; nel secondo si rischia anche la perdita del caso al follow-up, se non si riesce ad individuare il comune di ultima residenza. In particolari casi, la conseguente lacuna informativa può essere non trascurabile: la migrazione sanitaria transfrontaliera tra Alto Adige e Nord Tirolo, e la migrazione in età anziana verso la Liguria, che in alcune aree lombarde o piemontesi può assumere un rilievo significativo, rappresentano esempi in cui ciò accade. In casi del genere, il RT dovrebbe verificare se vi sono possibilità alternative per recuperare le informazioni mancanti, mediante la collaborazione tra istituzioni sanitarie. Il recupero da fonti ordinarie è invece possibile solo sui decessi avvenuti in ospedale, tramite il flusso SDO.

Sotto un diverso profilo, problemi di completezza possono verificarsi quando il contenuto della scheda è incompleto o illeggibile ed il RM non procede, o non riesce, a colmare tale lacuna; trattandosi di copia sovrascritta, la corrispondenza con l’originale può infatti essere inficiata dal mezzo di scrittura, da altra sovrascrittura accidentale, etc. . Tali schede, anche se presenti in archivio, non sono pienamente informative, perché non facilmente attribuibili, non codificabili, etc... .

Poiché il RM aziendale raccoglie i dati sia dei deceduti non residenti, sia dei residenti deceduti in altra ASL, si possono verificare duplicazioni negli archivi che aggregano i dati di più ASL o di un’intera Regione (Figura 3.2).

Infatti, quando un decesso avviene al di fuori dell’ASL di residenza, come già specificato nella sezione “Raccolta dei dati”, esso viene registrato sia nel RM dell’ASL nel cui territorio è avvenuto il decesso, sia in quello dell’ASL di residenza. Il RT che raccoglie i dati da più RM aziendali o dal RM regionale, dovrà quindi preoccuparsi di rilevare eventuali duplicazioni direttamente, individuando le schede eguali o simili (come nominativo, data morte e causa), e/o indirettamente, mediante tabulazione dei casi per comune di residenza.

L’eterogeneità dei RM Aziendali e Regionali è notevole, riguardo alla tempestività. Infatti, accanto a RM con “latenza” non superiore all’anno, fra il periodo di riferimento e la disponibilità dei dati, altri RM possono presentare ritardi di due o più anni (similmente al Registro Nazionale ISTAT). Tali differenze sono in maggior parte legate all’efficienza della fase di recupero schede dei non residenti e di quella di codifica della causa iniziale, quando viene svolta.

Riguardo a quest’ultima attività, sussiste poi il rischio di distorsioni nei confronti fra aree, perché la correttezza del procedimento di codifica dipende dal grado di preparazione e dall’abilità dei codificatori locali e dal ricorso al programma di selezione automatica della causa iniziale denominato “ACME”, la cui adozione è fortemente caldeggiata, a livello internazionale, dall’OMS e che favorisce un’omogenea applicazione delle regole di codifica. La possibilità di errori di trascrizione è teoricamente superiore al Registro Nazionale ISTAT, poiché il documento su cui avviene la lettura è il modulo tracopiato e non l’originale Tuttavia, come elementi positivi vi sono la possibilità di verificare i dati anagrafici e di contattare il medico certificatore, per risolvere problemi di lettura/interpretazione delle schede.

Il Registro Nazionale ISTAT non è accessibile per la registrazione dei tumori, ma fornisce i tassi di mortalità di riferimento per i RT, perciò se ne citano sinteticamente le caratteristiche:

  • dati non nominativi stratificati per sesso, fascia di età e provincia di residenza; 
  • copertura di tutto il territorio nazionale; 
  • valori prossimi al 100%, del rapporto fra schede considerate e decessi avvenuti; 
  • minimizzazione del rischio di duplicazioni; 
  • utilizzo del programma ACME e conseguente omogeneità nell’attribuzione della causa iniziale di morte; 
  • valori ufficialmente riconosciuti a livello nazionale ed internazionale; 
  • ritardo di pubblicazione dati di almeno due-tre anni,rispetto al periodo di riferimento; 
  • difficoltà nella valutazione di schede con problemi di lettura o interpretazione; 
  • arbitrario utilizzo (in limitati casi) di criteri e regole difformi da quelli internazionali; 
  • possibili errori di attribuzione anagrafica di residenza. 

I valori del Registro Nazionale difficilmente coincideranno con quelli dei RM locali, dato che i due flussi seguono vie diverse e le informazioni vengono codificate/elaborate con criteri diversi; l’esperienza dimostra, comunque, che le differenze, in genere, risultano sostanzialmente trascurabili su area vasta.

3.6 CARICAMENTO DEI DATI

Poiché, come detto inizialmente, esiste notevole eterogeneità nell’organizzazione dei RM aziendali, nel caricamento del flusso il RT è condizionato dalle specifiche modalità di funzionamento dei RM locali.

Il RT deve caricare e mantenere il flusso di mortalità completo, relativo a tutti i decessi avvenuti nella popolazione monitorata, senza preselezioni di alcun tipo. Solo il flusso completo, infatti, garantisce la piena fruibilità dei dati sia ai fini della registrazione in senso stretto, sia del follow-up dei casi. Dev’essere inoltre indicata almeno la causa iniziale.

Nel caso di dati codificati, come cause di morte neoplastiche si considerano:

  • in ICD-10, i codici C00-C97 (tumori maligni), D00-D48 (tumori in situ, benigni, comportamento incerto/non precisato); 
  • in ICD-9, i codici 140-208 (tumori maligni), 210-239 (tumori benigni, in situ, comportamento incerto/non precisato), 273.1-273.3, 284.9, 285.0, 287.3, 289.8, 785.6 (paraproteinemia monoclonale ed altre, macroglobulinemia, anemia aplastica e sideroblastica, trombocitopenia primaria, mielofibrosi, sindrome mielodisplastica, linfoadenomegalia). 

L’ultimo gruppo di codici include forme classificate come neoplastiche in ICD-10 ed in ICD-O-3, ma non rientranti nel settore tumori in ICD-9.

Nel caso in cui il RM sia puramente cartaceo, e non venga neppure svolta la codifica della causa di morte, la registrazione su archivio elettronico di un insieme minimo di informazioni sarà di fatto a carico del RT. Dovranno essere inseriti tutti i soggetti con menzione di tumore tra le condizioni morbose indicate in scheda, anche se diverse dalla causa iniziale. Quanto agli altri soggetti, ci si potrà limitare ai casi già registrati o segnalati da altra fonte diagnostica.

In generale il RT non sarà tenuto a codificare la causa di morte secondo le regole internazionali, ma potrà semplicemente attribuire un codice ICD o ICD-O alle sole neoplasie riferite in scheda, preferibilmente distinguendo quelle riportate come causa iniziale da quelle indicate negli altri campi. E’ utile anche la registrazione del tempo intercorso dall’insorgenza della neoplasia, se indicato, tanto per il trace-back dei casi DCI, quanto per la valutazione complessiva del caso.

Naturalmente, dovranno essere registrati i dati anagrafici identificativi del deceduto, la data e il Comune di morte ed il Comune di residenza.

Nel caso in cui il RM si limiti a registrare su archivio elettronico i dati identificativi, e quelli sanitari nella sola versione testuale, al RT rimane il compito di svolgere la codifica ad uso interno sui record d’interesse, sempre secondo le modalità sopra esposte. In questa situazione, la ricerca dei record con menzione di tumore può venire agevolata, in qualche misura, da programmi che ricercano parole chiave nei campi testuali.

Un numero crescente di RM fornisce anche le cause di morte codificate e registrate, o quantomeno la causa iniziale; peraltro, in questo caso è frequente che le originarie cause testuali non siano accessibili, e possano parimenti mancare le informazioni sull’epoca di loro insorgenza.

Qualora si disponga solo della causa iniziale, l’individuazione dei casi DCI può risultare incompleta, tanto più se non si dispone dei testi. Tuttavia, le regole di codifica e la tendenza di molti medici certificatori rendono poco probabile che la menzione di tumore non ne comporti la scelta come causa iniziale (a volte anche discutibilmente), perciò la dimensione del problema è limitata.

L’assenza dei riferimenti temporali per la diagnosi di tumore priva di un elemento utile per il “trace back” del caso.

I limiti sopra segnalati possono risultare seri principalmente quando il flusso di mortalità deve compensare carenze di copertura degli altri flussi informativi; ad es. quando, per una sistematica carenza delle SDO fuori area o regione, alcuni casi si possono recuperare solo tramite le schede di morte.

3.7 CODIFICA

Il Registro nazionale ISTAT e molti RM aziendali e/o regionali (non la totalità), procedono ad individuare e codificare la causa di morte principale, che corrisponde alla patologia “che ha dato inizio alla catena di eventi morbosi che ha portato direttamente a morte” (definizione ufficiale OMS) e viene quindi denominata “causa iniziale di morte”.

Infatti, il medico certificatore dovrebbe indicare un’unica causa iniziale, ma ha a disposizione più campi per descrivere la sequenza di condizioni morbose che ha condotto al decesso e può, inoltre, riportare in un ulteriore campo eventuali altri stati morbosi, che abbiano contribuito al decesso; spesso in un singolo campo vengono indicate più condizioni. Tutte queste affezioni vengono riferite come “cause” e, per ognuna, è anche prevista l’indicazione del tempo intercorso tra la sua insorgenza e la morte.

Ciascuna “causa”, espressa nella scheda in termini letterali, viene codificata dal RM, cioè tradotta nei codici nosologici previsti dalla Classificazione Internazionale delle Malattie e delle Cause di Morte (ICD); dopodichè viene stabilita la “causa iniziale”, sulla base dei precisi criteri forniti nella citata Classificazione. E’ importante sottolineare che tali criteri sono diversi da quelli seguiti per registrare i tumori, e si basano unicamente su quanto riportato in scheda dal medico certificatore, escludendo altre fonti.

L’espressione “causa iniziale di morte” può riferirsi sia alla causa selezionata dal codificatore, sia alla patologia riportata direttamente dal medico certificatore nel primo dei campi presenti sulla scheda; non sempre le due condizioni morbose coincidono. Nel presente testo, l’espressione “causa iniziale di morte” verrà usata esclusivamente per indicare la causa prescelta dal codificatore.

Per i RT, la scelta di individuare una sola causa comporta necessariamente una perdita di informazione, quando il flusso di mortalità accessibile non riporta le altre cause. Perciò, quando possibile è preferibile ottenere la versione della scheda completa, con tutte le cause riportate.

Come noto, il sistema di classificazione ICD è soggetto a periodici aggiornamenti e recentemente è stata adottata la decima revisione, ICD-10, in sostituzione della precedente, ICD-9. L’ISTAT ha introdotto in Italia l’ICD-10 nell’anno 2003, mentre nei singoli RM aziendali il passaggio alla nuova classificazione è avvenuto successivamente o non è ancora avvenuto, per cui è tuttora possibile il riscontro di dati codificati in ICD-9.

Fra le due versioni esistono alcune importanti differenze.

La prima è l’aggiornamento annuale della regolamentazione generale, per cui ad uno stesso caso può essere attribuita una differente causa iniziale di morte, a seconda di quale versione annuale venga utilizzata.

In secondo luogo, l’ICD-10 amplia il settore dei tumore includendo alcune malattie immunoproliferative, mieloproliferative, sindromi mielodisplastiche e la mielofibrosi acuta.

Poiché queste inclusioni riguardano anche l’ICD-O-3, non possono essere trascurate anche se il flusso di cui si dispone è codificato in ICD-9. In tale situazione, se dopo il “trace back” del caso la scheda di morte rimane l’unica evidenza, e sono disponibili solo i codici delle cause ma non il testo della scheda, non sarà possibile registrare il caso come DCO; questo perché i codici ICD-9 corrispondenti comprendono anche altri condizioni morbose, non neoplastiche, la cui sussistenza non si può escludere senza ulteriori informazioni.

Per l’elenco dei codici ICD-9 in questione, si rinvia alla sezione “Caricamento dei dati”.

Altre rilevanti differenze riguardano le regole di codifica dei tumori multipli.

E’ stata infatti introdotta la suddivisione fra “comuni sedi di metastasi” e sedi in cui la metastatizzazione risulta inusuale. Qualora su una scheda vi sia menzione di più sedi, quelle comprese nel primo gruppo vengono automaticamente considerate secondarie a quelle incluse nel secondo gruppo.

L’elenco delle comuni sedi di metastasi comprende:

  • fegato, peritoneo, retro peritoneo, diaframma; 
  • polmone (con la particolarità indicata nel seguito); 
  • cuore (eliminato dall’elenco in un recentissimo aggiornamento), mediastino, pleura; 
  • meningi , encefalo; 
  • midollo spinale, ossa; 
  • linfonodi; 
  • sedi mal definite. 

La sede “polmonare” va considerata “primitiva”, quando definita “bronchiale” o “broncogena”, altrimenti presenta un comportamento “ambivalente”: va considerata “primitiva”, se accompagnata a forma tumorale appartenente al precedente elenco, e “secondaria” in caso contrario.

Evidentemente, l’applicazione di tale regola di codifica comporta l’occultamento sistematico e selettivo di una piccola quota di tumori primari multipli, quando la scheda viene utilizzata dal RT come fonte diagnostica e si può accedere solo al codice della causa iniziale.

Inoltre, è stato introdotto un codice (C97), da utilizzarsi quando vi sia la contemporanea presenza di due o più forme tumorali, non comprese nell’elenco delle comuni sedi di metastasi.

Di conseguenza, quando il RT accede solo all’informazione relativa alla causa iniziale:

  • in ICD-9 viene selezionata una singola neoplasia e si perde l’informazione relativa alle altre; 
  • in ICD-10 viene salvaguardata l’informazione relativa all’esistenza di più neoplasie, ma si perde quella relativa all’individuazione di ciascuna di esse. 

Un aggiornamento che prevede l’abolizione del codice C97, e il ripristino della regola ICD-9 relativa alla selezione di una singola forma tumorale, è rimasto di fatto inapplicato.

Infine, va menzionato che l’ISTAT ha operato una scelta, in contrasto con la regola internazionale che prevede l’assegnazione dei codici di tumore “a comportamento non precisato” (D37-D48), quando la scheda riporta la menzione testuale di “neoplasia mammaria”, “neoplasia intestinale”, “neoplasia polmonare”, etc… .

L’ ISTAT, mantenendo un criterio vigente in ICD-9, stabilisce una deroga, per le sedi dell’apparato digerente (compreso il gruppo “labbro, cavità orale e faringe”), dell’apparato respiratorio e della mammella (solo per le femmine); per tali sedi si adotta una presunzione a priori di malignità, utilizzando quindi i codici C00-C26, C30-C34 e C39, C50, rispettivamente. Ad es., la dicitura “tumore dell’intestino” comporta la codifica C26.9, mentre la regola internazionale vorrebbe D37.7; la menzione di “tumore del cervello”, invece, comporta il codice D43.0, in accordo alla regola internazionale.

Tale differente trattamento per sede provoca una disomogeneità nei tassi di mortalità e, quindi, nei rapporti mortalità/incidenza; questi ultimi potrebbero risultare più elevati, ad es., per il polmone rispetto al cervello, unicamente per effetto della presunzione di malignità adottata per la prima sede.

3.8 VALIDAZIONE

Gli indicatori utilizzabili per la validazione del flusso sono raccolti nell’appendice A3; i termini “scheda di morte” e “record di mortalità” stanno ad indicare, rispettivamente, la scheda cartacea e la sua corrispondente versione informatizzata.

Data l’eterogeneità dei flussi ricevuti dai RT, alcuni indicatori sono proponibili solo quando gli archivi di mortalità sono in formato elettronico e codificati, oppure quando è disponibile la versione testuale delle cause di morte; nel caso di archivi cartacei, alcuni indicatori potranno di fatto essere calcolati solo con riferimento al sottoinsieme di schede esaminate dal RT.

Si evidenzia l’importanza del controllo di completezza generale, tramite rapporto tra schede/record mortalità e decessi desunti dal Bilancio Demografico ISTAT, per misurare la proporzione di schede mancanti o di duplicati.

Il controllo dei duplicati, comunque, quando gli archivi sono elettronici, dev’essere svolto ricercando schede di morte eguali o molto simili, come suggerito nella sezione sulla completezza.

L’individuazione delle schede mancanti, invece, può avvenire selezionando nell’anagrafica di riferimento (in genere l’anagrafe sanitaria) i soggetti segnalati come deceduti, ma non rintracciati nell’archivio di mortalità. Ovviamente, tale operazione è possibile solo se l’anagrafica fornisce informazione sullo stato in vita; inoltre, va tenuto presente che una quota di mancati abbinamenti non dipende da mancanza della scheda, ma da differenze e errori tra i dati anagrafici in scheda e quelli in anagrafe.

3.9 UTILIZZO DEI DATI

Le informazioni che il RT può essere interessato ad ottenere dai dati di un Registro di Mortalità sono:

  • quali persone presenti nel data-set del RT sono decedute e per quale causa è avvenuto il decesso: informazione che determina la conclusione del “follow-up”; 
  • se vi sono decessi con menzione di patologia neoplastica altrimenti ignota al RT: informazione che determina l’attivazione della procedura per la definizione dei casi DCI/DCO; 
  • se la patologia neoplastica rappresenta la “causa iniziale” di morte o se il decesso è stato attribuito ad altra causa: informazione necessaria per il calcolo dei tassi di letalità e sopravvivenza; 
  • quando è stata diagnosticata la patologia neoplastica (nei casi in cui è riportato l’intervallo di tempo trascorso fra la data d’insorgenza del tumore ed il momento del decesso): informazione importante per orientare meglio il “trace-back”; 
  • quale decisione definitiva prendere per i soggetti presenti nel data-set del RT con diagnosi dubbia di patologia neoplastica (caso NSE confermato o denegato). 

In relazione al secondo punto, si sottolinea la necessità di attivare il trace-back dei casi DCI anche quando la causa di morte indica tumore benigno, in situ, a comportamento incerto e sconosciuto.

Le informazioni ricavate dai dati di mortalità sono, inoltre, indispensabili per il calcolo di tre importanti indicatori di qualità della casistica raccolta dal RT: proporzione di casi DCO, rapporto DCI/DCO, rapporto mortalità/incidenza.

Quest’ultimo indicatore è essenziale per individuare l'erronea inclusione in incidenza di casi prevalenti o la perdita di casi incidenti (quelli a miglior prognosi e/o quelli a peggior prognosi) e solo l'uso dei dati nazionali, di riconosciuta validità e completezza, assicura l'indipendenza tra numeratore e denominatore. Quindi solo i dati del Registro ISTAT sono ammessi per il suo calcolo.

Anche per il calcolo dei tassi di mortalità specifica per tumore vanno sempre utilizzati i dati del Registro ISTAT, non quelli dei RM locali, sia perché ufficiali, sia perché omogenei come modalità di trattamento e codifica, quindi comparabili tra aree diverse.

Ad esclusione di questi ultimi due casi, tutti le citate modalità di utilizzo richiedono l’accesso a dati nominativi, cosa che rende necessario ricorrere ai RM aziendali (o Regionali), considerata la sostanziale indisponibilità dei dati nominativi del Registro ISTAT